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Lutto cittadino Firenze 14 dicembre 2011

    Acli colf Siena parte­cipa al lutto  della Comu­nità Senegalese

    Da: “Firen­ze­To­day” Cronaca Firenze vestita a lutto, alle 18 la fiac­co­lata in piazza Dal­mazia “

    Si può morire di fol­lia? Si. Firenze ieri ha conosci­uto anche questa triste realtà. Samb Modou e Diop Mor sono morti sotto i colpi di una 357 mag­num ma a pre­mere il gril­letto è stata la fol­lia più bieca, mar­cia, infon­data ed inutile, quella di Gian­luca Casseri. Ieri, poche ore dopo la strage, è stato proclam­ato il lutto cit­tadino, ed oggi Firenze per 10 minuti si è fer­mata, o almeno ha provato a farlo. Da mez­zo­giorno a mez­zo­giorno e dieci le saraci­nesche dei negozi della città sono state tirate giù; nelle scuole è stato rispet­tato un min­uto di silen­zio, così come ad inizio dei turni di lavoro. E nel tardo pomerig­gio, alle 18 in piazza Dal­mazia, la Rete Anti­razz­ista di Firenze ha orga­niz­zato una fiac­co­lata in memo­ria delle vit­time della strage.

    PIAZZA DALMAZIA — Sotto una piog­gia scros­ciante sono trascorsi i minuti del silen­zio e del ricordo. Lì, dove sono caduti a terra di due ambu­lanti sene­galesi, qual­cuno ha sfidato le con­dizioni avverse e si è stretto nel punto esatto dove i corpi ancora caldi si sono dis­tesi. Caldi, ma già troppo freddi , tanto da esalare l’ultimo respiro, quello defin­i­tivo. Mazzi di fiori, bigli­etti, can­dele e lumini da morto. Piove e forte, ma la pic­cola pro­ces­sione, com­in­ci­ata nella ser­ata di ieri, è con­tinua. Chi porta una rosa, chi si ferma un attimo fa il segno cris­tiano e se ne va, chi arriva in bici e si ferma per un breve momento di rac­cogli­mento. Alle 12 in punto anche i negozi si rac­col­gono in lutto. Saraci­nesche chiuse a metà, un po’ come le bandiere a mezz’asta delle isti­tuzioni. “Nes­suno di noi è razz­ista” dicono all’unisono i com­mer­cianti della piazza. “Li conos­ci­amo tutti, da anni posano la loro merce nei nos­tri mar­ci­apiedi”. Sì per­ché nella parte interna dell’ovale di piazza Dal­mazia ci sono i banchi del mer­cato, in quella esterna, sopra i mar­ci­apiedi gli ambu­lanti. Incredulità, sgo­mento, dolore, questi i volti di un quartiere un po’ abban­do­nato, che oggi, nel giorno del pianto, riven­dica una matrice sol­i­dale e coop­er­a­tiva. E ieri? Gli spari, il fuggi– fuggi, qualche grido. “All’inizio — dice una donna di un negozio a pochi metri dalla spara­to­ria — sem­bra­vano petardi”. Il tonfo è incon­fondibile, la cosa tut­tavia “è stata tal­mente inaspet­tata — con­tinua — che solo dopo qualche attimo, dopo aver visto le per­sone scap­pare, qual­cuno met­tersi al riparo in negozio, ho capito che ave­vano sparato. Poi i morti, il sangue, le ambu­lanze; siamo davvero scossi”.

     

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